Title Image

IL COLLEGIO IPASVI RISPONDE AL CITTADINO SUI FATTI DENUNCIATI A MEZZO SOCIAL E SULLA STAMPA

IL COLLEGIO IPASVI RISPONDE AL CITTADINO SUI FATTI DENUNCIATI A MEZZO SOCIAL E SULLA STAMPA

Prot. 462/2017 del 20 Settembre 2017

Gentile cittadino,

Le inviammo i giorni scorsi una richiesta di precisazioni su luoghi e date per poterLe dare un contributo a venire a capo della segnalazione-denuncia sul suo profilo face-book in ordine al realizzarsi di vicende attribuite a personale infermieristico. Non abbiamo avuto riscontro.

Ci siamo chiesti se non fosse stata una comunicazione ritenuta degna di credito, arrivando anche a pensare che davvero la riservatezza e l’assenza di interesse a pubblicare “fatti privati” fosse una direttrice, e non abbiamo insistito nell’importunarla.

Apprendiamo, invece, della sua “riservata” nota anche su la “Gazzetta del Sulcis”.

I conti non tornano.

Scusandoci ed esprimendo rammarico per gli eventi che avrebbero riguardato la signora C.L. sia durante la degenza e la dimissione dall’Ortopedia del Sirai che durante la degenza e il decesso presso la Medicina del Sirai, anche comprendendo il suo stato d’animo, per completezza d’informazione e per rispetto alla professione che mi onoro di presiedere e agli infermieri gratuitamente e genericamente chiamati in causa “pur nella riservatezza a mezzo social e a mezzo stampa”, senza nessuna intendimento di una difesa corporativa della categoria a prescindere, sono a significarLe quanto segue.

Non si spara nel mucchio. Occorre prudenza quando si chiamano pesantemente in causa persone e professionisti, (ledendo la loro dignità e immagine in assenza di contradditorio e nel tritacarne del tribunale mediatico individuato), con elencazione di circostanze che possono e devono essere verificate, confermate o contraddette. La sua personale narrazione degli avvenimenti sulla quale si sono poi succedute tutta una ridda di ipotesi, ulteriori insulti, considerazioni al limite del lecito se non proprio dell’incredibile, non trova corrispondenza in più di un passaggio.

Proviamo quindi a ripercorrerne alcune fasi, senza pretese di verità inconfutabili, anzi proprio per avviare con Lei un confronto rispettoso delle diverse ragioni sui fatti e non sulle intenzioni, sul reale contesto assistenziale e non su percezioni.

  1. Degenza Signora C.L. presso il reparto di Ortopedia del Sirai di Carbonia.

La paziente è entrata con una frattura di femore inoperabile, trattata ed assistita sino alla dimissione. Per le condizioni cliniche e fisiche, a livello di una vertebra dorsale è stata apposta una medicazione per prevenire una lesione da decubito. La paziente è stata dimessa con una cannula al braccio? Non è dato di averne contezza, almeno noi non siamo riusciti a verificarlo. E’ invece certo si possa disporre di mantenere pervia una vena con una cannula per consentire l’eventuale proseguo di idratazione e terapie a domicilio, evitando ulteriori e dolorose punture venose all’assistita soprattutto se in presenza di accessi difficili.

Risulta che nei giorni successivi alla dimissione, la famiglia della signora C.L. si sia recata in reparto per chiedere ulteriori informazioni circa la medicazione applicata. Ha ricevute idonee risposte e raccomandazioni. Dell’agocannula, la famiglia non ne ha accennato, altrimenti anche sul punto avrebbe ricevuto rassicurazioni e chiarimenti del caso.

  1. b) Degenza signora C.L. presso il reparto di Medicina del Sirai di Carbonia

L’assistita è arrivata in reparto in condizioni critiche e la famiglia è stata sin dal primo momento correttamente informata di tale stato di salute e della prognosi, al punto che il team interprofessionale Vi comunicava che non vi erano evidenze che potesse passare le ore successive e la notte. Nessun parente è rimasto al capezzale della ricoverata, e sino al momento del decesso le condizioni cliniche non si sono modificate. Se non si è ritenuto di accompagnare l’assistita negli ultimi giorni e istanti di vita, non è certo per impedimento dei sanitari. L’esitus, era ben chiaro sin dal primo istante che fosse solo una questione di ore o di qualche giorno al massimo.

Anomala risulta essere l’affermazione che l’infermiera, responsabile dell’assistenza generale, non abbia condiviso con lo staff, direttamente o indirettamente, lo stato di salute dell’assistita. Infatti, durante il trasferimento dalla barella al letto di degenza, ha disposto che per mantenere in asse l’arto fratturato si evitasse lo scivolamento con il tappettino preferendo agire con lo spostamento dell’assistita unitamente alle due oss con lei in servizio. L’accorta mobilizzazione e  successive prestazioni assistenziali, non possono comunque limitare completamente stati di dolenzia.


Ciò detto, non vi sono “debiti di giustizia da pagare nei confronti di una persona amata per smuovere la coscienza” di professionisti della salute: non ne hanno bisogno a fronte delle lamentazioni ricevute che ricordiamo essere generiche, confuse, opinabili, più dovute ad uno stato d’animo (pur comprensibile) che ad oggettivi accadimenti.

Per evitare di sentirsi derubati della possibilità di assistere, era sufficiente manifestare ai sanitari l’intendimento inverso.

Rinnovo comunque le mie scuse per quanto complessivamente vissuto, che vi ha arrecato certamente disagio e che, se mai fossero vere, non dovrebbero mai verificarsi.

Altrettanto decisamente rispedisco al mittente le accuse formulate alla professione in senso lato, che sino a prova del contrario sono insussistenti.

Restiamo a sua disposizione per qualsiasi ulteriore approfondimento.

Il presidente Ipasvi Graziano Lebiu

CODICE FISCALE 90030600929 – SEDE LEGALE: VIA FERMI 17 – MUSEI (CI) carbonia.iglesias@ipasvi.legalmail.it – mobile 342 159 83 05


Estratti dal Codice Deontologico Infermieristico attinenti ai fatti in trattazione

Articolo 9 L’infermiere, nell’agire professionale, si impegna ad operare con prudenza al fine di non nuocere.

Articolo 10 L’infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l’uso ottimale delle risorse disponibili.

Articolo 14 L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l’integrazione interprofessionale sono modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito.

Articolo 17 L’infermiere, nell’agire professionale è libero da condizionamenti derivanti da pressioni o interessi di assistiti, familiari, altri operatori, imprese, associazioni, organismi.

Articolo 20 L’infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e facilitarlo nell’esprimere le proprie scelte.

Articolo 21 L’infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall’assistito, ne favorisce i rapporti con la comunità e le persone per lui significative, coinvolgendole nel piano di assistenza. Tiene conto della dimensione interculturale e dei bisogni assistenziali ad essa correlati.

Articolo 22 L’infermiere conosce il progetto diagnostico-terapeutico per le influenze che questo ha sul percorso assistenziale e sulla relazione con l’assistito.

Articolo 35 L’infermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita all’assistito, riconoscendo l’importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale.

Articolo 39 L’infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento dell’assistito, in particolare nella evoluzione terminale della malattia e nel momento della perdita e della elaborazione del lutto.