LETTERE ALLA REDAZIONE DI “GAZZETTA DEL SULCIS”
La riforma ospedaliera della Sardegna sta creando non poche polemiche negli ambienti politici ma anche tra le persone comuni. Pubblichiamo integralmente una lettera, già diffusa nei social network, firmata da Carlo Lai di Sant’Antioco che a seguito della dipartita di un proprio caro fa il resoconto della situazione medica assistenziale del territorio.
“Sono una persona riservata e non ho mai chiesto una pubblicazione riguardo fatti che riguardassero il mio privato. Per certi versi non lo voglio fare neanche adesso. Però voglio utilizzare un fatto personale per urlare un dissenso, e forse anche per pagare un debito di giustizia nei confronti di una persona amata, nella speranza probabilmente vana che questo possa cambiare un piccolo pezzo di mondo smuovendo la coscienza di qualcuno.
Giorni fa, per la seconda volta nella mia vita, un medico mi ha telefonato nel cuore della notte per informarmi della morte di un caro parente. Giorni fa, per la seconda volta nella nostra vita, io e la mia famiglia ci siamo sentiti derubati della possibilità di assistere una persona cara nel momento più importante della sua esistenza: la morte.
Nessuno di noi le ha potuto tenere la mano, rassicurarla, ricordarle l’affetto che tutti provavamo per lei.
E questo perché nessun medico ci ha resi partecipi dell’aggravarsi della situazione. Avrebbero potuto farlo, avrebbero potuto fare una telefonata in più ma, evidentemente, dovevano occuparsi d’altro.
Dovevano svolgere il loro mestiere di meccanici, perché questo è l’approccio prevalente del sistema sanitario ospedaliero, più propenso all’ “aggiustare” che al “curare”.
Si occupano degli elettroliti, di ristabilire i valori della creatinina, dell’ INR ma si scordano della morte, la rimuovono.
Lo dimostra lo stato merdoso delle camere mortuarie: muffa, calcinacci, condizionatori antidiluviani, ambienti sottodimensionati rispetto alle esigenze. Al contrario l’atrio dell’ospedale è luminoso, pulito, moderno. Questo è comprensibile se pensiamo alla forma mentis dei meccanici: quando un auto non si può più aggiustare la si rottama portandola in discarica.
È arrivato il momento dei ringraziamenti:
Ringrazio chiunque abbia prestato amorevoli cure a mia zia (anche le persone che non ho mai incontrato e che non ho avuto il privilegio di conoscere).
Ringrazio i volontari delle ambulanze che ci hanno assistito: Dio li benedica!
Ringrazio il medico del pronto soccorso che ha ricoverato mia zia con modi gentili e rassicuranti.
Non ringrazio il medico che ha dimesso mia zia dal reparto di ortopedia con la diagnosi: “non lesioni da decubito in atto” mentre invece lei era piagata sulla schiena.
Non ringrazio l’infermiere che l’ha mandata a casa senza toglierle la cannula dal braccio.
Non ringrazio chi non ha visitato mia zia quando era a casa.
Non ringrazio chi ha ritenuto che, una volta a casa, dovesse riprendere a fare la vecchia terapia farmacologica comportandole, presumibilmente, un nuovo ricovero dopo pochi giorni.
Non ringrazio l’infermiera che si è scordata di dire alle operatrici sanitarie che il paziente appena ricoverato aveva una frattura scomposta al femore provocando urla di dolore da parte di mia zia durante lo spostamento dalla barella al letto.
Non ringrazio chi ha deciso di spendere i soldi pubblici dando priorità al bar dell’ospedale piuttosto che alla camera mortuaria.
Non ringrazio il concetto e la pratica della cura concepito dalla medicina occidentale perché manca di umanità.
Quando siamo andati nel reparto di medicina per ritirare gli effetti personali di mia zia abbiamo fatto il nome della defunta. L’infermiere non ricordava…. allora gli abbiamo detto: “il letto 25” e ha capito subito.
Mia zia si chiamava Caterina, in ospedale era “letto 25”. I meccanici lavorano con i numeri.”