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SOLO GLI OPI POSSONO DETENERE ALBI REGISTRI ELENCHI DI PROFESSIONISTI INFERMIERI

SOLO GLI OPI POSSONO DETENERE ALBI REGISTRI ELENCHI DI PROFESSIONISTI INFERMIERI

In risposta alle diverse domande sul punto e sul quale come OPI provinciale non potevamo dare riscontro immediato, condividiamo la circolare FNOPI che chiarisce in modo esaustivo aspetti e prospettive.

FNOPI, CIRCOLARE N. 76  DEL 22 novembre 2018

E’ apparsa la notizia relativa alla nascita di un Registro Italiano degli infermieri
specialisti e degli infermieri esperti, un elenco che restituisce la dovuta visibilità e avvicina ancor di più al
cittadino i professionisti infermieri che hanno speso tempo e risorse per implementare la propria formazione
fino al punto da diventare specialisti e a quelli che hanno acquisito esperienza e competenze avanzate in determinati
settori dell’assistenza. La richiesta di iscrizione al RIISE è gratuita e per inviare la domanda c’è
tempo fino al 31 dicembre 2018.

Tralasciando l’elemento di natura ‘politica’ della notizia è possibile comunque affermare quanto segue.
In primo luogo, è necessario premettere che in Italia vige un principio costituzionalmente garantito di
liberta di associazionismo (art. 18 Cost. – Art. 18. I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza
autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale).

In tema di professioni, però, il nostro ordinamento ha adottato un metodo di regolamentazione “a contrario”
prevedendo la possibilità di riunirsi in associazioni professionali solo per le professioni non organizzate.
La legge sulle professioni non organizzate è la n. 4/2013 sulle Disposizioni in materia di professioni
non organizzate. La Legge parte dalla definizione delle professioni non ordinistiche per regolamentare poi la
formazione di associazioni professionali, la qualificazione della prestazione professionale, il sistema di attestazione
e la certificazione. La legge definisce le professioni non regolamentate nel seguente modo (art. 1
comma 2): «l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di
terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso
di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in Albi o elenchi ai sensi
dell’articolo 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali,
commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative».

La legge 4/2013 che ha riformato le professioni non organizzate in ordini o collegi è stata oggetto di
una circolare del Ministero dello sviluppo economico che il 1/10/2018 ha istituito un elenco delle associazioni,
prevedendo tra queste le associazioni che rilasciano attestati di qualità e certificazione professionale.
Come è evidente tale regolamentazione parte da un assunto di tipo assoluto: la divisione delle professioni
in regolamentate e non regolamentate.

In questo senso, il nostro legislatore ha fatto una scelta precisa nel limitare il potere di autoregolamentazione
di alcune professioni (evidentemente ritenute di maggior rilievo sociale) per le quali è il legislatore
stesso a dettare regole “imperative” a vantaggio non tanto del professionista ma della collettività che beneficia
di specifiche professionalità che sono ritenute tali da “subire” un controllo statale.

Leggendo il complesso normativo nel suo insieme ne deriva che per le c.d. professioni organizzate gli
organismi “associativi” siano gli Ordini, che sono istituiti esclusivamente per legge, che sono deputati (quali
enti pubblici che svolgono un’attività sussidiaria allo Stato) a detenere l’albo con i nominativi e i dati di rilievo
di tutti coloro che sono autorizzati a svolgere quella determinata professione.

Questa scelta innanzitutto tutela il cittadino che si rivolge a quei professionisti, ma evidentemente ha
anche la funzione di impedire comportamenti di “concorrenza sleale” da parte di operatori non qualificati.
Nel nostro caso, siamo di fronte ad un soggetto privato (peraltro nemmeno un’associazione ma una testata
giornalistica online) che si dichiara detentore di un registro relativo alla professione infermieristica contenente
dati di estrema rilevanza sociale e per i quali non sussiste un chiaro quadro normativo che è ad oggi
oggetto di definizione.

È evidente che in assenza di una specifica previsione di legge, il registro in oggetto non solo consiste
in un mero elenco nominativo in possesso della testata giornalistica senza alcuna valenza (non potrà certamente assicurare all’iscritto alcun vantaggio in termini di punteggio o di accreditamento presso la pubblica amministrazione, non potrà garantire alcuna precedenza né potrà essere considerato una “patente di qualità).

È altresì evidente che nessuna associazione (che raccoglie professionisti appartenenti a professioni regolamentate in Ordini) possa vantare il diritto di detenere un registro nazionale pubblicando un elenco/albo accessibile ai terzi cittadini che abbia alcun valore certificativo della professione stessa.

Si evidenzia quindi che solo gli Ordini provinciali sono gli unici soggetti cui è demandata la funzione
pubblica di detenere l’albo ai sensi della espressa normativa vigente.

Peraltro, questa Federazione, come annunciato durante i lavori dei seminari, si sta già attivando per
procedere ad una integrazione dell’Albo Nazionale inserendo i titoli di specializzazione.

Cordiali saluti.

La Presidente, Barbara Mangiacavalli