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SULL’EMENDAMENTO 41 BIS AL DDL LEGGE DI BILANCIO

SULL’EMENDAMENTO 41 BIS AL DDL LEGGE DI BILANCIO

Prot. 361 del 19/11/2018 – Oggetto: emendamento 41 bis

ALLA PRESIDENTE FNOPI

AI PRESIDENTI OPI PROVINCIALI

            Gentile Presidente

            Componenti il Comitato Centrale

            Presidenti degli OPI Provinciali

nel dibattito acceso dalla presentazione del disegno di legge di Bilancio con la presentazione  in Commissione Bilancio dell’emendamento 41 bis alla Legge 3/2018, lo scrivente OPI ritiene di dover esprimere il proprio contributo e proporre un ragionamento il più possibile utile, se del caso, ad indirizzare definitivamente le determinazioni che saranno votate nelle commissioni parlamentari di riferimento.

E’ del tutto evidente che una sorta di “condono sanitario” per coloro che non hanno più titolo per poter ambire ad una “equivalenza” e che consenta l’esercizio di una professione quasi se fosse “ordinata”, stravolgerebbe il principio giuridico che “la legge è uguale per tutti”.

Con gli imminenti conflitti che ne conseguiranno e che non si possono non scorgere, concedere una scorciatoia per autorizzare e/o sgravare dall’iscrizione ad un Ordine una platea di “privilegiati”, comporterebbe:

  • la nascita di una nicchia di agevolati dentro una ampia maggioranza di professionisti ossequiosi delle norma;

 

  • un danno erariale che la nazione non può permettersi con l’emendamento inserito d’ufficio in una legge di bilancio e in una manovra finanziaria, quindi una contraddizione de facto;

 

  • l’esposizione degli aventi causa alla violazione dell’art. 348 del codice penale;

 

  • la tutela del bene salute e dei professionisti in modo difforme, creativo e al bisogno;

 

  • il depotenziamento del ruolo degli Ordini Professionali Enti Sussidiari dello Stato quali garanti della qualità delle prestazioni al cittadino e della legittimità del professionista che le esercita;

 

  • un premio indiretto all’interessato nella propria compiuta valutazione che il percorso di equivalenza fosse inutile, superfluo, vessatorio.

 

Come possa un emendamento superare il precetto del comma 2 dell’art. 4 della L. 42/99 che indica  che i detentori di un titolo abilitante debbano avere diritto di accesso alla percorrenza delle procedure di  “equivalenza” per potere esercitare una professione quando quel diritto non è stato speso, non è chiaro e suona stonato e con tutti i profili di contenzioso che si possono prevedere e che è ipotizzabile siano esperibili ed esperiti.

Non è dato di cogliere quale sia l’interesse politico e collettivo per consentire il superamento di una pregressa scelta autonoma, personale, (e sia consentita anche la locuzione superficiale) tale da far rientrare dalla finestra al rango delle professioni ordinate, soprattutto nell’area riabilitativa, coloro che dalla porta principale non hanno, appunto, ponderato meglio gli orizzonti di una opzione avversa al conseguimento dell’equivalenza.

 

Non si può accettare la presunta tutela e salvaguardia del posto di lavoro per gli aventi causa per mezzo di un emendamento “riduttivo”degli interessi di salute pubblica, che meritano, infatti, più attenzione da parte di tutti.

 

            Le professioni non riconosciute all’entrata in vigore della legge n. 3/2018 hanno avuto tutto il tempo e interesse per mettersi al passo delle altre anche con crediti formativi universitari integrativi, e se non sono al passo delle altre, la responsabilità non può che ricadere su chi non si è soffermato sugli orizzonti che andavano a crearsi.

 

E’ da chiedersi se sottenda all’emendare la Legge di Bilancio nel capitolo che disquisisce di professioni:

 

  • l’esenzione di fatto, ed anche in prospettiva prossima ventura, dall’iscrizione all’Albo di un Ordine per esercitare in sanità pubblica privata e in regime libero professionale;
  • svuotare il significato che appartenere a un Albo contiene e rivela ad una sua attenta lettura rivela;
  • ipotizzare che non si debbano possedere percorsi formativi di base, di specializzazione, di acquisizione di competenze e abilità, di superamento di esami e prove, rispettare precetti deontologici, rendere conto delle proprie azioni professionali, essere sottoposti a procedimenti disciplinari, aggiornare il proprio sapere e la propria tecnica;

L’Ente terzo che si denomina Ordine Professionale Ente Sussidiario dello Stato vaglia i professionisti di riferimento sin dall’abilitazione all’esercizio professionale.

 

E’ da ritenersi, quindi, anomalo che sia consentito a qualche manipolo di irriducibili di non soggiacere alle medesime norme e forme di verifica e controllo a tutela della salute del cittadino  e per centinaia di migliaia di professionisti in linea con la legislazione.

Sui massofisioterapisti, ad esempio, non tutti i titoli preesistenti possono essere riconosciuti come equipollenti ai diplomi universitari di nuova istituzione:

 

  1.  il massofisioterapista diploma triennale entro il 17/3/99 da corsi statali o autorizzati dal Ministero iniziati entro il 31/12/95: equipollenza automatica con il diploma del fisioterapista in base all’articolo 4, comma 1, della legge 42/99;
  2.  il massofisioterapista diploma biennale conseguito in base alla legge 403/71 entro il 17/3/99 da corsi statali o autorizzati dal Ministero iniziati entro il 31/12/1995: equivalenza al fisioterapista, anche attraverso l’acquisizione di crediti formativi universitari integrativi;
  3. il massaggiatore-massofisioterapista dopo l’anno 1999, da corsi di formazione erogati da istituti privati autorizzati dalle Regioni e iniziati dopo il 31/12/95, e ricomprese nelle declaratorie comparto sanità: non è riconducibile per legge ai titoli di studio e di abilitazione del personale delle professioni sanitarie di cui al D.M. 14.09.1994, n. 741.

E’ evidente che nello scenario n. 2 si debbano possedere i crediti formativi alla data di entrata in vigore della legge 3/2018 e che nella ipotesi n. 3, non essendo il massofisioterapista in possesso dei requisiti professionali richiesti dalla legge, non si possano esercitare le mansioni del fisioterapista.

A fronte della configurazione di un’ipotesi di esercizio abusivo della professione ai sensi dell’art. 348 c.p., che interesse avrebbero le istituzioni a metterci una pezza con un emendamento contro gli interessi del cittadino, che comunque “scontenta” più di quelli che vorrebbe “ristorare” e che si espone a contenziosi?

            Più sostenibile sarebbe riaprire i termini dell’acquisizione di crediti formativi universitari integrativi necessari al mantenimento dell’interesse derogato all’emendamento 41 bis, che, ironia della sorte, merita “alta sorveglianza” in “ordine” alla sua applicazione.

Ringraziamo per l’attenzione

Per il Consiglio Direttivo, Firmato Graziano Lebiu, presidente OPI Carbonia Iglesias

OPI-41 BIS Emendamento