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TRATTAMENTO CHEMIOTERAPICO RINVIATO: CORTOCIRCUITO AZIENDALE

TRATTAMENTO CHEMIOTERAPICO RINVIATO: CORTOCIRCUITO AZIENDALE

Ordini delle Professioni Infermieristiche Carbonia Iglesias

Ente Sussidiario dello Stato istituito con Legge n. 3/2018

 

Prot. 455 del 6 OTTOBRE 2019

Alla Giornalista Cinzia Simbula, Unione Sarda

 

Oggetto: articolo odierno cronaca del Sulcis Iglesiente

 

Gentile giornalista, apprendiamo in data odierna, per mezzo di un suo articolo, della notizia del Sig RZ di Nebida che denuncia di “essere costretto a rimandare il trattamento chemioterapico per l’impossibilità dei curanti di posizionargli un PICC”.

 

Se quanto sopra fosse confermato, esprimiamo le nostre perplessità circa la capacità della presa in carico dell’assistito da parte della ASSL, ciò alla luce del nostro ruolo istituzionale e dei percorsi professionali e di studi e dell’esperienza lavorativa dei nostri iscritti a contatto con assistiti con patologie oncologiche sia in ambito ospedaliero che domiciliare.

 

E’ infatti fondamentale anche in ASSL Carbonia coltivare un atteggiamento di presa in carico globale dell’assistito e della sua famiglia, tipico delle cure palliative e rimarcato dai provvedimenti normativi quali la Legge 38/2010 recepita in ambito territoriale dalla Delibera. G.R. n. 3/19 del 15.1.2019.

 

Il mancato posizionamento di un Picc avrebbe esitato in un ritardo nell’iniziare una linea di terapia chemioterapica per la quale tempi e modalità sono definiti da protocolli validati a livello nazionale e internazionale sulla base di evidenze scientifiche.

 

E’ di una certa rilevanza che, delle numerose possibilità che le strutture sanitarie possono offrire in un ambito organizzativo che per il momento è ancora “semplificato”, in azienda unica ATS-ASSL Carbonia un paziente sia costretto a rivolgersi alla stampa per essere ascoltato.

 

E’ da chiedersi: i diversi nodi della rete che dovrebbe prendere in carico la persona con patologie quali quella del signor RZ non hanno ben funzionato?

 

Ancora: la presa in carico affidata ad un lavoro di équipe nel quale più professionisti intervengono per garantire le cure e la loro continuità secondo le evidenze scientifiche non ha ben funzionato?

 

Cosa è mancato all’organizzazione della struttura che ha in carico il signor RZ per offrirgli una migliore assistenza?

 

La carenza che è stata correttamente riportata dall’Unione Sarda non crediamo sia riferibile alla sensibilità di ogni singolo professionista nel rilevare i problemi, i bisogni e di definirne una scala di priorità.

 

 

 

E’ invece emergente l’assenza di capacità di mettere a disposizione del cittadino ogni risorsa in ambito aziendale per garantire le giuste cure, nei giusti tempi, nei giusti modi, ma anche attraverso i giusti professionisti.

 

Il Picc, ad esempio, è un dispositivo venoso il cui posizionamento non è competenza esclusiva dell’anestesista, ma sempre più frequentemente di un Infermiere specificatamente formato. Anche in ATS sono numerosi, alcuni dei quali svolgono la loro attività nell’ambito di ambulatori dedicati e a gestione Infermieristica. Coinvolgiamoli.

 

Un principio cardine di chi ha a cuore la cultura dell’errore e la ricerca delle cause profonde ad esso connesse, è che alla base di tutto vi sia spesso un problema di mancata comunicazione o comprensione. Un cortocircuito.

 

E’ evidente, allora, che mancando un Picc il trattamento chemioterapico si interrompa perchè i professionisti per posizionarlo non siano disponibili, e da ciò ne consegue che un’organizzazione che non metta in condizioni il signor RZ di seguire puntualmente le terapie abbia qualche criticità interna da affrontare, ed è possibile che altri pazienti abbiano vissuto la stessa condizione, e, presumibilmente, altri la vivranno…

 

Su un piano più prettamente manageriale, potrebbe essere mancata la capacità di individuare nuove strategie per la presa in carico e per cercare una risposta al problema, se conosciuto, nonostante le sollecitazioni della legge, nonostante l’insistenza in merito al ruolo della cure palliative per la continuità assistenziale nei pazienti affetti da patologia oncologica sin dall’inizio del percorso terapeutico.

 

E’ possibile che si sia giunti ad una condizione in cui i problemi, in quanto molteplici, non si vedano più o si banalizzino: lo attestano le dichiarazioni della ASSL quando rimanda a già sentiti “risolveremo, faremo, consegneremo, delibereremo, acquisiremo”.

 

I professionisti sanitari infermieri spesso restano invischiati in una rete organizzativa che non ha la capacità di semplificare i percorsi e le procedure e talvolta nemmeno la capacità di ascoltare le istanze e i suggerimenti che quegli stessi professionisti continuamente e responsabilmente propongono, come anche con questa disamina sul suo giornale.

 

 

Per il Consiglio Direttivo, Il Presidente dell’OPI, Graziano Lebiu

 

OPI cinzia simbula